
Discutendo dei rapporti tra Israele e finanza mondiale, spesso si ode una voce di petto che propone la parola “aschenaziti”. «I criminali sono gli ebrei aschenaziti» ripete, come l’eco di una montagna alimentata da una voce precedente e se possibile più ignorante.
Aschenaz fu l’ecista (il condottiero, la guida) che condusse la tribù dei Germani dalla Steppa Pontica alla Scandinavia approdando, secondo la tradizione, nel 2.756 a.C. Prima di allora, i Germani erano una semplice tribù entro il popolo degli Sciti.
Nel 740 d.C., il Khagan Bulan, sovrano di un impero che si estendeva grosso modo sugli odierni Kazakistan e Ucraina – l’Impero Kazaro –, impose ai propri sudditi la conversione all’ebraismo. Con la conquista russa (nel 973) e ancor di più con l’invasione mongola (nel 1224), questi nuovi ebrei emigrarono in parte in Spagna e in parte nell’Est Europeo (Germania, Polonia e Ungheria). I primi presero nome di Sefarditi, prendendo spunto da «Sefarad», un luogo indefinito che in Abdia I, 20 viene profetizzato quale meta di un futuro esilio ebraico. I secondi, avendo casa in Germania e nei paesi vicini, per estensione furono definiti “Ebrei Aschenaziti”. Insieme, Sefarditi e Aschenaziti, vengono detti talvolta la “Tredicesima Tribù”.
Tornando al tema principale, ovvero “Israele nella finanza”, esso riguarda unicamente i sionisti, ovvero gli eredi dei farisei, la setta ebraica che riconosce la veridicità del Talmud. Tale “libro sacro” chiarisce senza mezzi termini che non si diventa ebrei per conversione, ma che essere ebrei è una questione di razza, ovvero è ebreo chi è figlio di ebrei, o di cui è ebrea almeno la madre. Gli altri sono Goyim, un termine che con pietosa gentilezza viene tradotto in “gentili”, ma che lo stesso Talmud definisce quale appellativo di animali dalle fattezze umane il cui scopo sarebbe occuparsi degli ebrei. Il Signore avrebbe dato loro questo aspetto affinché gli ebrei non provassero ribrezzo nel farsi servire dalle bestie.
Da tali presupposti, è ovvio che gli Aschenaziti figurino tra i Goyim. Si tratta in qualche modo di perfetti capri espiatori. Sacrificando un aschenazita non si commette peccato, ma allo stesso tempo si ottiene la compassione del mondo verso l’intera ecumene ebraica. Perché il mondo, si sa, non è abbastanza intelligente da fare distinzioni. L’importante è scegliere un esecutore materiale al di sopra di ogni sospetto, che ne so… magari un tedesco di origine austriaca, facendogli fare il lavoro sporco.
Se cerchiamo la più potente tra le famiglie ebraiche impegnate nella finanza, da qualunque fonte saremmo indirizzati al cognome “Rothschild”. E infatti i Rothschild non sono aschenaziti, ma giudei, discendenti di Re Davide secondo una linea più pura di quella cui apparteneva Gesù Nazareno, corrotta secondo le fonti da innesti persiani e babilonesi. Nella genealogia che collega Davide ai Rothschild, troviamo Rabbi Meiri “Mari” ben Hananiah, dell’accademia babilonese di Sura, presente ad Atil – la capitale kazara – ai tempi della conversione. L’operazione era infatti condotta da un gruppo di ambasciatori venuti dalle scuole teologiche babilonesi di Sura e Pumbedita, tra i quali appunto Rabbi Meiri.
Nel suo libro, Freedom Fighter, il Maggiore Alojzy Dziurski del Movimento Clandestino Polacco[1] raccontò di essersi reso conto, all’inizio del 1942, che l’atteggiamento dei tedeschi nei confronti degli Ebrei stava cambiando drammaticamente. Così, nel marzo 1942, incontrò i capi degli Ebrei polacchi per avvertirli che avrebbero dovuto disperdere gli Ebrei che abitavano nei ghetti, trasferirli nelle case tra i contadini polacchi in aree remote e creare degli alloggi in mezzo alle foreste. Il Maggiore riferì di essere entrato in amicizia con un capo ebreo che era stato Commissario del Popolo nell’Armata Rossa. Così scrive Dziurski in Freedom Fighter (J.A. Dewar, Portland 1983): «Dato il mio interesse per le vicende ebree, egli [il capo ebreo] avrebbe condiviso con me un segreto ben protetto. In veste di devoto sionista, avrebbe partecipato a un incontro segreto riservato agli iniziati sionisti. Esso si svolse in ebraico, non in yiddish [la lingua degli Aschenazi; ndr], come avveniva per la maggior parte delle riunioni. La maggior parte dei conferenzieri erano capi sionisti stranieri, ma egli ne riconobbe uno solo, Moshe Sneh, un leader ebreo polacco, che si era trasferito in Palestina prima della guerra ed era ritornato nel 1945 come Leader Berihah per organizzare l’emigrazione in massa degli Ebrei polacchi. Ogni partecipante sottolineò che si era presentata l’opportunità unica di strappare la Palestina e il Medio Oriente agli Arabi e ai Britannici… Bisognava che tutto il mondo non-ebreo, insieme ai nazisti, si sentisse in colpa per l’Olocausto. Bisognava far passare l’Olocausto per il più grande crimine cristiano contro il popolo ebreo. Sarebbe stata lanciata una propaganda intensiva e tutte le case editrici e la stampa di area ebraica erano già state istruite affinché diffondessero la storia delle sofferenze ebree. Moshe Sneh aveva chiesto che il massimo numero di Ebrei polacchi fosse costretto a lasciare la Polonia per la Palestina o qualsiasi altro paese a loro scelta. Erano state inoltrate istruzioni agli Ebrei dell’Europa occidentale affinché si preparassero ad accogliere gli immigrati polacchi… per poi trasferirli negli Stati Uniti. Gli USA dovevano diventare un grande serbatoio di Ebrei, che avrebbero poi influenzato la politica americana, perché gli USA sarebbero diventati la potenza mondiale dominante».
[1] Il Movimento Clandestino Polacco era l’insieme delle organizzazioni segrete attive in Polonia dall’occupazione nazista (settembre 1939) allo scioglimento del Patto di Varsavia (luglio 1991). Noto in patria come Polskie Państwo Podziemne (“Stato Segreto Polacco” o “Stato Clandestino Polacco”), esso costituiva una struttura unica nell’Europa occupata: non si trattava infatti di una comune resistenza armata (come i gruppi partigiani), ma di un vero e proprio Stato parallelo che operava clandestinamente per garantire la continuità della Repubblica di Polonia.
Caratteri principali:
- Fedeltà al governo in esilio a Londra: tutte le principali organizzazioni clandestine riconoscevano la legittimità del governo polacco emigrato;
- Struttura politica e amministrativa: comprendeva scuole segrete, tribunali clandestini, stampa illegale, attività culturali e un sistema di comunicazione protetto;
- Ala militare: la principale era l’Armia Krajowa (AK, lett. “Esercito Nazionale”), la più grande organizzazione di resistenza armata nell’Europa occupata (con centinaia di migliaia di membri). Essa organizzava sabotaggi, intelligence per gli Alleati e insurrezioni (come l’Insurrezione di Varsavia del 1944);
- Resistenza civile: oltre alla lotta armata, si organizzavano scuole segrete per mantenere viva l’istruzione, teatri e pubblicazioni clandestine, protezione degli ebrei e raccolta di informazioni sui crimini nazisti;
- Unicità: a differenza di altri movimenti di resistenza europei, in Polonia esisteva un vero “stato sotterraneo” con tanto di istituzioni civili e militari coordinate, non solo gruppi partigiani isolati.